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Proprio questa è la sensazione provata nel camminare in Costiera Amalfitana, di essere sospesi tra il cielo e il mare. È una sensazione difficile da descrivere; per comprenderla appieno sarebbe necessario effettuare quei percorsi nelle stesse condizioni atmosferiche. Infatti perfette giornate di sole fanno da sfondo alle due splendide escursioni sopra il golfo di Napoli, nel Parco regionale dei Monti Lattari.
Nella limpida mattina del 29 aprile la comitiva s’avvia comodamente lungo il selciato, appena fuori dell’albergo di Bomerano. Si percorre “Il sentiero degli Dei”; già il nome è una garanzia: se il luogo è stato scelto dalle divinità per il loro riposo, non può che essere incantevole.
E le promesse non restano deluse.
Appena superato il primo anonimo tratto di strada, ecco il panorama si apre sul golfo: la costa è a picco sul mare e una piccola baia appare laggiù con la sua antica torre d’avvistamento; è una delle tante sparse dagli Aragonesi o dagli Angioini lungo la costa a salvaguardia del pericolo saraceno.
Tornando al presente, ora sono i terrazzamenti a dimostrare l’intervento antropico nel territorio: in posizioni quasi impossibili mostrano la passione dell’uomo per la pastorizia, nei ricoveri dei pastori, oppure per la vite. Quest’ultima qui è coltivata in modo particolare: i suoi tralci vengono adagiati su lunghe pertiche di castagno. È questa la sorpresa: l’albero del pane dei poveri non è coltivato come altrove per il suo frutto, bensì tagliato per lasciar crescere i polloni, cioè i futuri tutori.
Ma continuiamo il cammino. Ben presto il sentiero s’infila sotto la grotta Biscotto ed abbandona per un attimo la vista sul mare, Ma all’uscita eccolo di nuovo, mentre il passo procede tortuoso in discesa, seguendo il tormentato disegno della costa, tra le fioriture delle ginestre, stagliate contro l’azzurro intenso del mare. E mare, sempre mare, accompagna l’escursionista nel suo andare fuori dal tempo e dallo spazio. Ma le sorprese non sono finite: quasi improvvisamente ecco i tre scogli, dove Ulisse si fece legare per sentire il canto delle sirene ammaliatrici, mentre il suo equipaggio era stato ridotto alla sordità.
Di fronte alla bellezza della baia delle Sirene, è difficile scegliere dove fissare lo sguardo: al mare o ai propri piedi? Là infatti sbocciano i fiori: l’ombelico di Venere e le orchidee, la pallida, ma corposa Orchis italica, la più piccola Orchis antropophora e la Serapias lingua.
Così procedendo tra le ginestre ecco apparire i faraglioni di Capri, che restano piacevoli compagni di viaggio per tutto cammino. Sembra di essere sospesi sul paesaggio, tanto il sentiero è esposto sulla vista dei ridenti paesini laggiù nelle baie.
Ora si raggiunge la piazzetta di Nocelle, animata dall’uscita domenicale dalla chiesa degli abitanti del borgo, che ormai non degnano più di uno sguardo il consueto strepitoso panorama.
E via tra il lecci verso il Pertuso lassù sulla montagna. La fantasia popolare forgiò la sua brava leggenda, immaginando che quella fenditura fosse stata prodotta dal passaggio della Madonna attraverso le rocce; mentre il diavolo tentò invano di forarle, lasciandone testimonianza in due piccole cavità chiuse.
E nuovamente giù verso il mare, oltrepassando un’alta parete carica di stalattiti somiglianti a bizzarre canne d’organo; qui ha scelto la sua dimora pure un ficodindia.
Ormai s’ avvicina l’abitato di Positano, basta solo scendere interminabili gradini e ci si immerge nelle viuzze strette della città verticale, nota per i negozietti. Qui è bello perdersi, curiosare , spiare da uno stretto pertugio il mare, osservare i più piccoli particolari, come le insegne colorate delle vie, e giungere infine a toccare la spiaggia.
Il mare accoglie benevolo questi strani personaggi vestiti da montagna, che osano perfino servirsi dei normali mezzi turistici per gustarsi meglio il luogo. Ma loro si rilassano, incuranti di non essere abbigliati come dovrebbero, si gustano, cullati dal vento, la vista di Positano, Praiano ed infine Amalfi. Che importa se con gli scarponi ai piedi sali la ripida scalinata dell’imponente Duomo di Amalfi oppure ti mescoli ai turisti tra le vie? L’importante è scoprire le tracce indelebili lasciate dalla storica repubblica marinara, immaginarla potente sul mare, in continua lotta per il suo predominio.
Il giorno seguente, archiviata con rimpianto la prima escursione, la comitiva si accinge ad affrontare il Monte Faito. È una montagna dalle vette insolite, una a forma di canino, l’altra di molare. È proprio quest’ultima è la meta da raggiungere.
Il cammino inizia da un solenne bosco di faggi abbellito da un ricco sottobosco fiorito: sono sicuramente anemoni, ma anziché avere i petali bianchi, qui si mescolano con altri celesti, formando un bel colpo d’occhio. Più in là il terreno è tappezzato da asfodeli ancora in boccio.
Si procede nella faggeta fino alla chiesa di S.Michele, dalla quale lo sguardo abbraccia il golfo di Napoli. Più avanti non mancano le fioriture: sono di turno le orchidee sambucina e pauciflora. Infine zigzagando tra facili roccette si raggiunge la vetta del Molare. Quassù si gode di un panorama a 360°: sembra nuovamente di essere sospesi sul mare, sulle isole di Ischia e Capri in bella mostra di sé e sulla penisola di Sorrento. A due passi però spicca inconfondibile il profilo del Vesuvio. Ancora una volta è faticoso lasciare simile spettacolo; fortunatamente questo accompagna l’escursionista per un tratto di discesa. Adesso sembra quasi che le isole si avvicinino.
Quindi il sentiero s’ immerge nella faggeta dalle tenere foglie primaverili; alcuni esemplari arborei sono dei veri monumenti naturali e con i loro rami tengono prigioniero il cielo.
Sazi di tanta bellezza non rimane che il ritorno a casa, ma con la consapevolezza di essere stati dei privilegiati.