Edward Whymper
Provai gioie troppo grandi per poterle descrivere, e dolori tali che non ho ardito parlarne.
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Dal 23 Gennaio 2008, al 27 Febbraio 2008
In questa magica avventura del corso si apprenderà e approfondirà la pratica dello sci escursionismo inteso come attività aperta a tutti coloro che vogliono fare esperienza con gli sci, conoscere segreti e meraviglie dell'ambiente invernale e avere la possibilità di muoversi liberamente e in sicurezza nell'ambiente innevato.
Il corso ha per scopo l'avvicinamento e l'approfondimento dello sci fuori pista, con attrezzatura da sci escursionismo o da telemark a tallone libero e l'obiettivo è quello di far conoscere questa disciplina, parallela allo sci alpinismo senza l'uso di materiali sci alpinistici.
Nell'attività sono comprese lezioni pratiche in pista da discesa e fuori pista per l'apprendimento della tecnica necessaria per affrontare una discesa in neve fresca, se possibile con qualche curva a telemark .
Sono previste lezioni teoriche e pratiche riguardanti la sicurezza in montagna in inverno, lo studio degli itinerari e l'autosoccorso.
Questa fase del corso permetterà di approfondire con delle lezioni tematiche (pratiche e teoriche), la preparazione, la conduzione e il metodo per affrontare una escursione in sicurezza nell'ambiente invernale.
Inoltre ci saranno esercitazioni pratiche con ARVA e la ricerca e soccorso di travolti da valanga.
Direzione del corso: Enrico Comacchio (INSFE)
Modalità d'iscrizione
Le iscrizioni avranno luogo, a partire da martedì 27 febbraio, presso la sede del CAI, fino al raggiungimento del numero limite di 20 allievi.
E' richiesta sufficiente preparazione fisica e movimento disinvolto su terreni accidentati o esposti.
Età minima: 18 anni
E' richiesta l'iscrizione al CAI in regola con l'anno 2008.
Consigliamo di effettuare gli acquisti dopo la lezione teorica che riguarda i materiali.
La Direzione si riserva la possibilità di apportare modifiche al programma.
23 gennaio 2008 |
Scelta dei materiali, la tecnica dello sci, il fuori pista |
Teorica |
30 gennaio 2008 |
Topografia ed orientamento |
Teorica |
03 febbraio 2008 |
Introduzione alla tecnica di discesa e telemark |
Pratica |
06 febbraio 2008 |
Scelta dell’itinerario |
Teorica |
10 febbraio 2008 |
La tecnica del fuoripista e telemark |
Pratica |
13 febbraio 2008 |
Neve e valanghe - Nozioni sull’ARVA |
Teorica |
17 febbraio 2008 |
Escursione in ambiente innevato |
Pratica |
20 febbraio 2008 |
Conduzione di un’escursione - Il fuori pista |
Teorica |
23 -24 febbraio 2008 |
Escursione in ambiente innevato |
Pratica |
27 febbraio 2008 |
Primo soccorso - Chiusura del corso |
Teorica |
Provai gioie troppo grandi per poterle descrivere, e dolori tali che non ho ardito parlarne.
Il punto critico non è nel semplice fatto che l'alpinismo è diventato un movimento di massa, ma nel tentativo di livellare ed appiattire l'esperienza e l'avventura. Chi nelle funivie, nei segnavia, nelle associazioni alpinistiche vede una sorta di assicurazione per l'avventura, già a priori si accosta alla montagna come un cieco.
Vado in montagna più per la paura di non vivere che per quella di morire.
Non cercate nelle montagne un'impalcatura per arrampicare, cercate la loro anima.
Incredibile non è la difficoltà in sè, quanto la fortuna di avere avuto una voglia così intensa di affrontarla.
Un alpinista è un uomo che non perde facilmente la testa.
Prima di un'impresa significativa, ho sempre percorso itinerari classici. Proprio l'arrampicata libera sul 3°, 4° e 5° grado mi ha consentito un ritmo che invece mi hanno precluso le scalate in cordata e ai limiti delle mie possibilità. In quel modo potevo badare più alla tecnica, trovare la naturalezza dei movimenti che rendesse piacevole la scalata.
In un istante tutto era cambiato. Non ero più il dominatore ritto sulla vetta a spaziare sull’immenso orizzonte. Ora ero io stesso parte di questo incanto sublime.
Non fermarti in pianura.
Non misurare mai l’altezza del monte prima d’aver raggiunto la cima. Allora vedrai quanto era basso.
Vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.
La vita di uno scalatore è simile ad una salita. Si alza nel fresco del mattino per salire lentamente verso la vetta. La raggiunge nelle calde ore del mezzogiorno, poi ne discende e raggiunge la pianura nelle ore calme e serene della sera.
Senza il pericolo la montagna non è montagna, ma è un gioco sterile. Posso far costruire una montagna artificiale anche in una grande sala, e lì fare degli allenamenti o delle gare. Però non è l'alpinismo. All'alpinismo è necessaria la difficoltà, l'esposizione, l'essere fuori nella wilderness, in un ambiente selvaggio e desolato, e anche il rischio.
Scalare non serve a conquistare le montagne; le montagne restano immobili, siamo noi che dopo un'avventura non siamo più gli stessi.
L'alpinismo è salire alla vetta per la via più facile, tutto il resto è acrobazia.
Nei grandi spazi della montagna, nei suoi alti silenzi, l’uomo non distratto può cogliere il senso della sua piccolezza e la dimensione infinita della sua anima.
Nelle gare di arrampicata si tratta di misurare il miglior tempo su una via di palestra. La cosa più importante non è la sicurezza ma la decisione di rischiare il più possibile. A me dell'alpinismo interessa proprio il contrario. Lo scalatore deve avere il tempo di soppesare ogni movimento.
Una cima raggiunta non basta. Bisogna discenderla con la stanchezza al culmine, lo svuotamento che ti dà l'arrivo sulla cima. Scendere è disfare la salita, scucire tutti i punti dove hai messo i passi. La discesa è una cancellazione.
Noi passiamo per conquistatori di montagne, ma siamo in verità pieni di fallimenti, di stagioni affondate. [...] Tutti gli alpinisti in Himalaia sono stati più spesso respinti che favoriti. L'alpinismo è un'arte della fuga. La devi decidere e realizzare come una vittoria, proprio quando più brucia la rinuncia. È un esercizio di umiltà.
Che ci faccio in montagna? Più ci vado e più mi accorgo di essere scarso. L'aumento di esperienza mi denuncia meglio i difetti. Conoscere non m'incoraggia, anzi mi pesa. [...] L'esperienza accresciuta misura la mia insufficienza.
Io, nello sci estremo, sono senz' altro un purista: sono sempre salito a piedi, senza elicotteri. Un po' per sicurezza, per conoscere le condizioni del pendio. E un po' per giocare ad armi pari con le montagne che affronto.
Se ti è nato il gusto di scoprire non potrai che sentire il bisogno di andare più in là.
Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Basta un colle, una vetta, una costa. Che fosse un luogo solitario e che i tuoi occhi risalendo si fermassero in cielo. L'incredibile spicco delle cose nell'aria oggi ancora tocca il cuore. Io per me credo che un albero, un sasso profilati sul cielo, fossero dei, fin dall'inizio.
Saper ideare la via più logica ed elegante per attingere una vetta disdegnando il versante più comodo e facile, e percorrere questa via in uno sforzo cosciente di tutti i nervi, di tutti i tendini, disperatamente tesi per vincere l'attrazione del vuoto e il risucchio della vertigine, è una vera e qualche volta stupenda opera d'arte: vale a dire il prodotto dello spirito e dell'estetica, che scolpito sulla muraglia rocciosa durerà eternamente, finchè le Montagne avran vita.
Io credetti e credo la lotta con l’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede.
Quando ho cominciato a salire duro ho pensato che non sarei vissuto oltre i 26 anni. Stranamente, sono sopravvissuto 20 anni dopo la mia data di scadenza prevista. Ho smesso di contare sul "no future" e imparato a convivere con il non sapere il futuro.
Quello che conta non è tanto arrampicare in fretta, ma per tanto tempo.
Mi avvio: ogni inquietudine, ogni esitazione si dissolvono.
L'azione è la cosa più importante dell'alpinismo, senza questa non è possibile alcuna esperienza autentica. E ogni motivazione, per quanto insana possa sembrare, è legittima.
L'alpinismo porta con sé dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile.
Fra l'arte e la natura sta l'alpinismo, che è un'attività spirituale creativa come un'arte, ma è anche contemplazione, dedizione e comunione con la natura.
Preuss aveva posto il proprio limite su quanto era ancora arrampicabile in libera, e aveva rifiutato tutti i mezzi artificiali.
Non vi è alcun sentiero verso la felicità, la felicità è il sentiero.
Nelle vibranti e libere corse sulle rocce tormentate, nei lunghi e muti colloqui con il sole e con il vento, con l'azzurro, nella dolcezza un po' stanca dei delicati tramonti, ritrovavo la serenità e la tranquillità.
La via verso la cima è come il cammino verso se stessi…solitario.
Mi sono sentito sempre estremamente fragile davanti agli elementi della montagna: da un lato, uno scheletro con la carne intorno, dall’altro, forze su cui ci si strofina, la roccia, il ghiaccio, le tempeste.
In poche parti del creato si rivela tanto splendidamente quanto nell’alta montagna, la potenza, la maestà, la bellezza di Dio.
Rifiutò il chiodo, tuttavia padroneggiava le massime difficoltà del suo tempo.
Tu vedi delle cose e chiedi: perché? Ma io sogno di cose che non ci sono mai state, e che forse non ci saranno mai, e dico: perchè no?
L'alpinista è un uomo che conduce il proprio corpo là dove un giorno i suoi occhi hanno guardato. E che ritorna.
C’è chi va in montagna solo per arrampicare e magari per questo non occorre nemmeno andare in montagna. E c'è chi arrampica per andare in montagna. Sono due forme distinte. Io sono per la seconda.
Dalla morte in pianura, proteggici o Signore.
Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perchè siamo più vicini al cielo!
Il colore delle montagne è il corpo di Buddha; il suono dell’acqua corrente è il suo grande discorso.
L'alpinismo è un'attività sfiancante. Uno sale, sale, sale sempre più in alto, e non raggiunge mai la destinazione. Forse è questo l'aspetto più affascinante. Si è costantemente alla ricerca di qualcosa che non sarà mai raggiunto.
Mi escono battute sarcastiche quando leggo o sento definire la montagna assassina. La montagna non è assassina, se ne sta lì e basta. Siamo noi i killer di noi stessi, che non sappiamo vivere, che usiamo il profumo per l’uomo che non deve chiedere mai, che abbiamo dimenticato la carità, la riconoscenza, il rispetto, che distruggiamo la natura.
Il monte è parabola della vita. Il monte innevato è parabola del Paradiso.
Le montagne sono le uniche stelle che possiamo raggiungere a piedi.
La montagna non facilita la vita, ma aiuta a sopportarla meglio. Ci tempra con le condizioni ambientali, con lo stimolo alla riflessione, ci aiuta a trovare e conservare l’equilibrio per una saggia esistenza. Per trovare tutto ciò bastano l’entusiasmo e il contatto con la natura, non è necessario il sesto grado.
La paura della morte ci impedisce di vivere, non di morire.
Le montagne sono le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i loro mosaici di nubi, i loro cori di ruscelli, i loro altari di neve, le loro volte di porpora scintillanti di stelle.
Tornate vivi, tornate rimanendo amici, salite in cima: in questo preciso ordine.
In montagna le persone cercano qualcosa di meglio, e non importa che questo ci sia o no, quello che conta è la ricerca, il non soggiacere alla squallida routine quotidiana.
L’avventura non può più manifestarsi dove nell’uomo scadono l’ingegno, l’immaginazione, la responsabilità; là dove si demoliscono, o almeno si banalizzano, fattori naturali come l’ignoto e la sorpresa.
Non ho mai piantato un chiodo in montagna. Non mi sento autorizzato, sono uno di fuori, di passaggio. Mettere un chiodo è un atto di possesso, bisogna appartenere al luogo per sentirsi autorizzato. [...] Trovare nella vasta parete esattamente il punto attraversato dai pionieri, stare nella stretta scia di una scalata che fu ai tempi primizia, ecco, a me piace ripetere, in montagna, non inaugurare. Mi piace trovare i chiodi degli altri, non aggiungere i miei. Così fa pure la mia scrittura che va a ricalcare pezzi di vita svolta, senza inventarla nuova.
Una volta in vetta non puoi fare altro che scendere.
Quando mi chiesero cosa avessi da dire contro il chiodo a pressione, potei esprimermi solo in modo positivo: dà un apporto all'alpinismo, ne favorisce il tramonto.
Anche per lo scalatore medio alla sera il sole diventa rosso e una fresca sorgente dà refrigerio alla sua gola. Lo stormire dei pini gli ricorda la casa. Per trovare tutto ciò bastano l’entusiasmo e il contatto con la natura, non è necessario il sesto grado.
La montagna ha il valore dell'uomo che vi si misura, altrimenti, di per sè, essa non sarebbe che un grosso mucchio di pietre.
I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi.
..nella mia vita di scalatore ho sempre obbedito all'istinto creativo e contemplativo, ma fu grazie all'alpinismo solitario che ho potuto entrare in sintonia con la grande natura, e ancor più ho focalizzato i miei perché e i miei limiti...
Ho portato il mio Io sul punto più alto e lo lascio lassù, l'Io che voglio essere. Scendo con l'Io che sono.
Divertirsi non deve per forza essere divertente.
Lo sci estremo è uno sport di sintesi: tecnica dello sci, spirito dell'alpinismo di punta.
La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel quotidiano.
...non trovavo neppure il tempo di infilare dei buoni dadi. Era meglio così, arrampicare in fretta fintanto che c'era ancora un po' di forza.
Sempre sul ciglio di due abissi dobbiamo camminare, senza sapere quale seduzione, se del tutto o del nulla, ci abbatterà.
Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica.
La montagna è come un amore: se sei respinto, è meglio tornare indietro e non insistere.
Chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna.
Diventò "sportivo" quando imparò a rinunciare alle sue guide e da solo superò le difficili salite del suo tempo.
Ma lassù, fra cielo e terra, spesso fra vita e morte, nessuno ci raggiunge piu'. Il brusio della voce di chi nel piano della meschinita' s'affoga, non giunge piu' all'orecchio.
È bello non lasciare traccia. Se penso che i passi dei primi astronauti sulla luna hanno lasciato orme che stanno ancora lì per mancanza di vento e di pioggia, benedico i miei che si ricoprono. La traccia indelebile dello scarpone di Armstrong è un chiodo fisso per me, vorrei andare lassù con una scopa a cancellarla.
La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte.
Il fascino delle montagne è dato dal fatto che sono belle, grandi, pericolose.
Migliaia di persone stanche, stressate e fin troppo “civilizzate”, stanno cominciando a capire che andare in montagna è tornare a casa e che la natura incontaminata non è un lusso ma una necessità.
In verità si può dire che l’esterno di una montagna è cosa buona per l’interno di un uomo.
La montagna offre all’uomo tutto ciò che la società moderna si dimentica di dargli.
Per un alpinismo pulito su terreno esremo, uno spirito molto sportivo costituisce una premessa fondamentale.
Librandomi sulla parete gialla e aerea, aggrappato agli appigli solidissimi, ho ritrovato la gioia della conquista e la volontà di osare.
Le montagne sono quei luoghi in cui Dio dimostra di essere più bravo di Michelangelo a scolpire.
Raggiungere la cima è facoltativo, tornare indietro è obbligatorio.
Dove si può trovare un qualcosa di più puro e salutare che legarsi gli ski ai piedi e fare un giro nel bosco in una scintillante giornata invernale?
Ma devo dire che la montagna mi ha regalato ciò che gli uomini, le donne, i genitori, non sono riusciti a darmi. Dalla montagna mi sono sentito compreso, ascoltato, degnato di attenzione. Qualche volta anche spintonato, ma sempre dopo essere stato avvertito.
Il più grande alpinista al mondo è colui che si diverte di più.
L'alpinismo è storia di uomini e dei rischi che si assumono, di quelli che sono alla loro altezza, di quelli che riescono a malapena a farcela, e dei rischi che invece li uccidono.
Certo giocavamo. Ma per noi ogni masso scoperto era un’universo intero, un cielo di stelle da esplorare, un deserto da conoscere.
Che senso ha scalare una montagna? Ciò che conta è sapere di aver compiuto qualcosa.
oggi... oggi sono un prigioniero che ha ritrovato la libertà!
La mia pista, unica traccia di vita, nell’immenso silenzio invernale, affondava profondamente nella neve soffice e polverosa, si rincorreva dritta di poggio in poggio, fino al valico supremo alla vetta. Poi l’ebbrezza della rapida scivolata, l’autorità degli arresti strappati. Si, anche lo sci ha un senso: non è soltanto un mezzo, ma è anch’esso un’espressione del proprio essere.
Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono.
L’arrampicata non è tanto raggiungere la cima, ma piuttosto tutto quello che sta nel mezzo.
Anche le fantastiche montagne senza gli uomini, grandi o piccoli che siano, rimangono mute, inerti, senza senso.
Sulle cime più alte ci si rende conto che la neve, il cielo e l’oro hanno lo stesso valore.
Da quando scalo e arrampico, ho stima di tutte le creature che lo fanno meglio di me, dal ragno all'orango. Ammiro la mancanza di sforzo, l'eleganza che è sempre il risultato di un risparmio di energia. Penso agli animali per desiderio della loro perfezione. Sono i miei patriarchi, i miei maestri.
L'alpinista saggio teme quello che c'è da temere, e non esita a tornare indietro quando è il caso di farlo.
Sono del parere che l'assalto alle vette non debba considerarsi l'essenziale dell'alpinismo. Camminare in montagna è altrettanto importante. E la sosta, il riposo sui monti, non è da meno.
... la sofferenza era il prezzo necessario pagato per avere accesso nel regno dell’eterno e dell’infinito.
Le molte agevolazioni per l'alpinista non devono uccidere la sua fantasia, la sua capacità di trovare soluzioni, il suo sapersi inserire nelle forme di un paesaggio o di una parete.
Conoscere i propri limiti è bello: ognuno si riconosce in modo più preciso.
Non le immani forze dell'alta montagna hai sfidato, bensì te stesso.
Non c'è filosofia o teologia del rischio o del limite. Neanche poesia o letteratura. E’ un'esperienza.
Io non so quando smetterò di salire, con che risultati, quante cime raggiunte e ridiscese, ma alla fine dirò che ho fatto compagnia al vento. Noi lassù l'abbracciamo come nessun altro può fare.
Camminare, correre, scoprire, andare più in là, più in su, è l'avventura umana.
Se la montagna è opera della natura, l'ascensione è opera dell'uomo.
L'alpinismo sportivo non è un fatto nuovo di oggi, ne ha una collocazine temporale: la sua origine è individuale, e risale a più di cento anni fa.
L'inclinazione del pendio non è che la parte visibile delle mie discese, la mia gioia ne è il contenuto essenziale.
Salite i monti, ma ricordate coraggio e vigore nulla contano senza la prudenza; ricordate che la negligenza di un solo istante può distruggere la felicità di una vita. Non fate nulla con fretta, guardate bene ad ogni passo, e fin dal principio pensate quale può essere la fine.
Intuisco che anche l'Everest è solo un'anticima. La vera cima non la raggiungerò mai.
Belle sono le grandi avventure sulle pareti immense, in piena solitudine: la lotta silenziosa ha inizio; l’uomo, quando ha di fronte la natura, ha di fronte se stesso e la battaglia si sublima.
Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.
Tutto era come durante una grande ascensione in montagna, mancava solo la tensione. In una scalata in palestra manca la parte principale. E’ con l'isolamento che inizia la vera avventura. Solo così l'alpinista entra in un altro mondo.
Per me scalare ha il valore aggiunto di servire a niente. Nella grande officina quotidiana degli sforzi dedicati a un vantaggio, a un tornaconto, scalare è finalmente affrancato dal dovere di essere utile [...] È gratis, con quel poco di grazia che uno cerca nei propri atti.
Non si può mai dominare la natura, l’alpinista deve assumersi le proprie responsabilità e non dare la colpa alla montagna.
Lo sci ti accompagna sulla neve, luogo di fascino e di scoperta. Impari a reggerti e poi vai, corri, svetti e guardi lontano, inventi le tue avventure.
A chi mi chiede dove stia andando l'alpinismo rispondo semplicemente: in montagna.
Se sei in cerca di angeli o in fuga dai demoni, vai in montagna.
Se l'alpinista facesse solo quel che è ragionevole per prima cosa non andrebbe in montagna.
Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo soltanto perchè è caotico e rumoroso.
Vagavo da solo tra le sconfinate candide ondulazioni, con la vista aperta su orizzonti di crode e di ghiacciai.
Di colpo tutta la mia facoltà di pensare si spegne. Che sensazione piacevole! Ho forse dormito? No sto facendo una gita con gli sci.
La solitudine è angosciosa, ma è un percorso, acutizza le sensibilità, ti forza a cercare in te stesso la soluzione. Devi essere onesto, guadagnarti i tuoi saperi, costruirti con la prudenza e l'esperienza.
A chi mi chiede: perché vai in montagna? gli rispondo: se me lo chiedi non lo saprai mai.
Perchè? A quale scopo? Non saprei dirlo. Gioisco semplicemente nel movimento, nel pericolo.
La misura delle difficoltà che un alpinista può con sicurezza superare in discesa senza l'uso della corda e con l'animo tranquillo, deve rappresentare il limite massimo delle difficoltà che egli può affrontare in salita.
Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento.
La Montagna non è una sfilata di moda, o la conoscenza alfabetica di tutte le ferrate esistenti, né tanto meno dei tempi di percorrenza delle stesse; la Montagna non è la pista da sci da 2000 sciatori/ora, la cabinovia, la funivia, lo ski-lift, e neanche il rifugio-albergo 3 stelle con scale anti-incendio e TV a colori.
Correre, sciare o scalare lentamente non serve a niente.
Tutte le volte che comincio ad arrampicare avviene in me una trasformazione. Quando le mie mani poggiano sulla roccia, sparisce ogni stanchezza e ogni malavoglia. Una forza sconosciuta entra nel mio sangue, e più mi arrampico, più forte mi sento, e sempre più facili mi sembrano i passaggi.
Chi più alto sale più lontano vede, chi più lontano vede più a lungo sogna.
Non già l'altitudine bensì la ripidezza è terribile.
Là dove ci sono grandi cose, là dove il vento soffia sul volto, voglio stare nel pieno del temporale...della routine quotidiana ne ho abbastanza...
Quanto più ci innalziamo, tanto più sembriamo piccoli a chi non sa volare.
La montagna ci offre la cornice...tocca a noi inventare la storia che va con essa!
Chi si dà all’alpinismo con i soli muscoli si ritrarrà da esso dopo pochi anni. Chi è alpinista col cervello e col cuore saprà trovarvi valori tutta la vita.
Non esiste roccia cattiva ma solo cattivi alpinisti.
...si era sulla vetta e, sotto, un gran mare di nubi che copriva tutta la pianura ed entrava nelle valli che erano fiordi perchè il mare era venuto nel cielo.
Meglio un chiodo in più che una vita in meno, soprattutto se la vita è mia.
Specialmente nella scalata in roccia l'uso della forza deve essere spesso sostituito da una giusta scelta dell'itinerario e del modo di affrontarlo.
The mountains are calling and I must go.
Ogni estate comincia per me con un veloce ripercorere la mia evoluzione alpinistica, o lo sviluppo dell'alpinismo in genere.
Meglio andare a sciare pensando a Dio, piuttosto che andare in chiesa e pensare allo sport.
Dai tempi della discussione sul chiodo del 1911, l'etica alpinistica europea oscilla tra “maggiore sicurezza e difficoltà con l'aiuto di mezzi tecnici” e “maggiore sicurezza e difficoltà con l'aumento delle capacità personali”.
Non è molto importante raccontare le vie che si sono effettuate. L’importante è il come siano state percorse.
Sperate sempre in ciò che aspettate, ma non aspettate mai ciò in cui sperate. Credete solo in ciò che vi convince, ma lasciatevi convincere solo da ciò in cui credete.
Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita.
Prima si arrampica con la testa, poi con i piedi e alla fine con le mani.
Ciò che mi aveva maggiormente affascinato era stata la pragmatica indolenza degli arrampicatori americani. Non si discuteva molto, ne si criticava. Si arrampicava.
I mezzi artificiali non sono mai espressione di valore, ma solo di necessità pratica